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Si parte per l’Australia!

Cosa può fare chi, ottenuto il dottorato, desidera proseguire l'attività di ricerca? Ce lo spiega la Dr. Sabrina Grossenbacher-Eggmann, che si è trasferita per un anno a Melbourne per lavorare al suo progetto di ricerca grazie alla borsa di studio del Fondo nazionale svizzero (FNS) «Postdoc.Mobility».

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Sabrina Grossenbacher-Eggmann ha interrotto per un anno il suo lavoro all'Inselspital di Berna per condurre ricerche sul suo progetto di post-dottorato presso l'ANZIC-RC di Melbourne da giugno 2024 a fine maggio 2025. © Physioswiss

Text: Fabienne Reinhard 

«Nella pratica emergono domande a cui trovo risposta nella ricerca. È proprio questo a rendere tanto interessante il connubio fra questi due settori» dice Sabrina Grossenbacher-Eggmann, esperta in fisioterapia dell’Inselspital di Berna. Ma all’ospedale universitario, diversamente da quanto accade per la ricerca medica, mancano i fondi per la ricerca in campo fisioterapico. Dunque l’esperta fisioterapista, nonché titolare di un dottorato, deve dedicarsi alla ricerca prevalentemente nel tempo libero, anche se la sua intenzione sarebbe farne una professione redditizia da svolgere in parallelo al lavoro con i pazienti. Per questo si è rivolta al servizio di consulenza interno dell’Università di Berna, che le ha vivamente raccomandato di trascorrere un anno all’estero, poiché ciò costituisce un criterio per la maggior parte delle borse di studio. «Nell’assegnazione delle borse di ricerca si attribuisce grande importanza alla mobilità» spiega la fisioterapista, che ha conseguito il master in Austria e il dottorato nei Paesi Bassi. Candidarsi per una borsa di studio «Postdoc.Mobility» dell’FNS è stata dunque la scelta più ovvia.

Un caso isolato nel panorama svizzero

Nel nostro Paese Grossenbacher-Eggmann è quasi l’unica a fare ricerca sulla riabilitazione precoce in terapia intensiva. Per questo in passato non era mai stata seguita da relatori o mentori specializzati in questo campo. Ma nell’ottobre 2023, durante un congresso, ebbe modo di incontrare una delle sue figure di riferimento: la professoressa e fisioterapista Carol Hodgson della «Monash University» di Melbourne. Senza troppe esitazioni, Grossenbacher-Eggmann chiese a Hodgson di farle da relatrice e quest’ultima accettò. L’idea iniziale era quella di prendere qualche mese di ferie per fare ricerca insieme a Hodgson, imparando da lei quanto più possibile. Ma poi, su consiglio di una persona che aveva già ottenuto la «Postdoc.Mobility», Grossenbacher-Eggmann ha deciso di presentare domanda per questa borsa di studio. Ciò ha però richiesto un notevole impegno in termini di tempo: in parallelo con il lavoro, Grossenbacher-Eggmann ha impiegato quasi un mese a redigere la descrizione del progetto, stilare un piano di carriera e procurarsi le autorizzazioni e le referenze necessarie. Aveva anche bisogno che l’università estera le rilasciasse una dichiarazione per confermare la propria disponibilità a sostenere e supervisionare il progetto di ricerca.

Un cambio di scenario dopo 20 anni

La fatica è stata ripagata: Grossenbacher-Eggmann ha ottenuto la borsa «Postdoc.Mobility» con cui l’FNS si fa carico dei costi di vitto e alloggio all’estero e dei voli, oltre a contribuire con 5000 franchi alle spese di ricerca e a finanziare la partecipazione della fisioterapista al Congresso mondiale di fisioterapia 2025 di Tokyo.

Il suo luogo di lavoro è l’«Australian and New Zealand Intensive Care Research Centre» (Centro di ricerca australiano e neozelandese sulla terapia intensiva, ANZIC-RC) annesso alla «Monash University». L’università mette a disposizione di Grossenbacher-Eggmann le necessarie risorse in termini di infrastrutture e personale. Il visto che le è stato concesso, denominato «Research Activities 408 Visa», non le consente di svolgere un’attività lavorativa al di fuori della ricerca, tanto più che il suo diploma di fisioterapia non è riconosciuto in Australia. Ma questo non la preoccupa, anzi, ai suoi occhi rappresenta un vantaggio: «Ho l’occasione di approcciarmi alla fisioterapia da un punto di vista diverso, osservando altri fisioterapisti al lavoro e confrontandomi con loro, e anche di conoscere meglio il mondo della ricerca interprofessionale. È davvero interessante!»

Per i primi due mesi e mezzo la ricercatrice si è sistemata in un Airbnb nei pressi dell’ANZIC-RC. «In molti casi è una soluzione più pratica di un tradizionale appartamento in affitto, inoltre è già completamente attrezzata» spiega soddisfatta Grossenbacher-Eggmann. Resta il fatto che, dopo quasi 20 anni all’Inselspital di Berna, questa esperienza rappresenta per lei un grosso cambiamento e un avventuroso tuffo nell’ignoto.

Il secondo edificio a partire da destra è la casa di Sabrina Grossenbacher-Eggmann per il prossimo anno. L’Airbnb si trova vicino alla Monash University di Melbourne. © cfr.

Un progetto condotto in più centri di terapia intensiva

Grossenbacher-Eggmann si trova a Melbourne per il suo post-dottorato da giugno 2024 e ci rimarrà per un anno. La convalida e l’e-learning della versione tedesca del «Chelsea Critical Care Physical Assessment tool» (CPAx) (vedi riquadro) erano già stati oggetto della sua tesi di dottorato. Per il post-dottorato, l’esperta in fisioterapia si è chiesta se e come la funzione corporea e l’attività fisica dei pazienti si alterino durante la permanenza in terapia intensiva (responsiveness e differenza minima clinicamente rilevante). Si tratta di un progetto multicentrico condotto su 80 pazienti in due ospedali australiani e 40 all’Inselspital di Berna. Lo studio prevede la misurazione della funzione e dell’attività per mezzo di svariati assessments al momento del ricovero e delle dimissioni, la valutazione del cambiamento clinico da parte dei fisioterapisti trattanti e l’analisi dei risultati con metodi anchor-based e distribution-based. «Idealmente in questi casi bisognerebbe interpellare i pazienti sul cambiamento percepito, ma logicamente non è possibile farlo in terapia intensiva» spiega la ricercatrice.

Rendere la vita di nuovo degna di essere vissuta

Non sorprende che nel corso del post-dottorato siano già emerse alcune difficoltà. Ma Grossenbacher-Eggmann è abituata: «Fare ricerca è come andare sulle montagne russe. Si sale ad altezze vertiginose e si precipita altrettanto bruscamente» dice ridendo. Bisogna avere molta energia e i nervi saldi. Anche redigere un protocollo o scrivere un articolo scientifico è impegnativo: «Alla trentesima bozza si è tentati di arrendersi» aggiunge la ricercatrice. Ma aver ottenuto la borsa di studio le ha ridato forza e motivazione. «L’entusiasmo per il proprio progetto di ricerca è fondamentale» sottolinea. La terapia intensiva è un settore che la affascina da sempre.

Nel 2006, quando iniziò a lavorare all’Inselspital, non esistevano ricerche in questo campo. Il primo studio randomizzato internazionale su pazienti in terapia intensiva fu pubblicato nel 2009 – seguito, nove anni dopo, dal primo studio randomizzato controllato condotto da Grossenbacher-Eggmann, intitolato «Effects of early, combined endurance and resistance training in mechanically ventilated, critically ill patients» (Effetti di un allenamento precoce e combinato della resistenza e della forza in pazienti critici sottoposti a ventilazione meccanica) (vedi riquadro). Con la sua attività di ricerca la fisioterapista vorrebbe migliorare la qualità di vita dei pazienti critici: «La terapia intensiva salva la vita dei pazienti, ma spesso ha conseguenze fisiche e mentali a lungo termine. «Noi fisioterapisti possiamo rendere quella vita nuovamente degna di essere vissuta. È questa la mia fonte di motivazione!» dichiara la ricercatrice.

In uno dei prossimi numeri di Physioactive Sabrina Grossenbacher-Eggmann ci racconterà della sua vita nella metropoli di Melbourne e del suo nuovo luogo di lavoro al centro ANZIC-RC. Physioactive vi aggiornerà sui risultati del suo progetto di post-dottorato non appena questi saranno disponibili.

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